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      Si veda l'articolo illustrato di Pietro Negri «Un codice alchemico italiano», in «Ur», I, 9.
      (437) Libro IV, cap. IX.
      (438) Libro III, cap. I.
      (439) Non è più quello che fu perché è entrato nella «vita nuova» come Dante.
      (440) Libro III, cap. I. Si ricordi che, secondo l'idea comune in questa poesia, non solo il perfetto amante è immedesimato con l'amata, ma l'uomo distaccato dalla santa Sapienza è «morto».
      (441) Libro III, cap. II.
      (442) Libro III, cap. IV. La forza del mondo cieco è tale che mi costringe a simulare tristemente (tristo pianto). Il pianto letteralmente contrasterebbe con la beatitudine che la donna dà.
      (443) Libro III, cap. V.
      (444) Libro III, cap. VI.
      (445) Libro III, cap. VIII.
      (446) Libro III, cap. IX.
      (447) Libro III, cap. XIII.
      (448) Libro III, cap. XIV.
      (449) Libro III, cap. XV.
      (450) Beatrice.
      (451) Libro III, cap. II.
      (452) Libro IV, cap. IX.
      (453) Libro III, cap. II. Poiché il Codice Laurenziano pone come testata a questo capitolo «De natura fenicis asimilando ipsam virtuti» si comprende come sia nato tra i commentatori l'equivoco (forse voluto da chi scrisse quella rubrica) secondo il quale la donna misteriosa sarebbe la virtù; ma i caratteri che il Poeta le assegna rispondono tutti alla Sapienza e non alla virtù. Anzitutto essa emana dal Terzo cielo ed è quindi legata con Amore come tutte le altre donne. Essa «morde la nuda mente» dà forma all'intelletto cioè è Intelligenza attiva, dà luce e salute, prende forma del cristiano pellicano che è il Verbo. Chi se ne diparte «acceca li occhi d'onne cognoscenza». Essa fu prima della creazione, il che è perfettamente chiaro se essa sia divina Intelligenza, non se sia virtù, ecc.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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