che vista sola e sempre amore accende;
e s'altra cosa vostro amor seducenon è se non di quella, alcun vestigio,
mal conosciuto, che quivi traluce.
(499) Intellectus humanus in hac vita propter connaturalitatem et affinitatem quam habet ad substantiam intellectualem separatam, quando elevatur, in tantum elevatur, ut memoria post reditum deficiat propter transcendisse humanum modum... Et ubi ista invidis non sufficiant, legant Richardum de Sancto Victore... et non invidebunt. Dante, Op., cit. p. 445.
(500) Purg., XXVI, 97.
(501) Si ricordi l'altro caso in cui Cino da Pistoia si era vergognato ma non era morto:
Vergognavami sol per ch'io era vivoben fu miracol che non caddi morto (vd. p. 238).
(502) Vedi: Il disegno di Guido per la virtù della Croce, ed il dubbio se egli sia vivo o morto (Valli, Note sul Segreto dantesco della Croce e dell'Aquila in «Giornale Dantesco» XXVII, quad. I).
(503) Dante, Op., cit. p. 73.
(504) Io non voglio fare l'iconoclasta, ma non posso non notare che anche in questo sonetto che è tra i bellissimi, si tradisce un artificio: esso non riproduce un'impressione unica e diretta; è composto e riflesso. Infatti mentre in un verso dice che avanti a Beatrice «ogni lingua divien tremando muta», due soli versi dopo dice che «Ella sen va sentendosi laudare». Da chi, se ogni lingua era muta? Dunque non è un'intuizione realistica e diretta, è composizione più o meno ben riuscita.
(505) Si ricordino le figure di Francesco da Barberino che hanno nei gradi inferiori i dardi confitti e nei superiori le rose in mano.
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