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      Il nostro cugino Pietro parlò al mediatore dei caffettieri, il quale mi offerse una piazza da liquorista. Lo stipendio è di L. 20 al mese, senza le mance. Io accettai. Perciò andrò al lavoro o martedí o mercoledí.
      Mi occorrerà una giubba ed una cravatta nera, e un davanti bianco o due.
      La piazza è qui in Torino. Però non so ancora ove sia né chi sia il principale. Certamente non starò che sino a quando ci sia un posto del mio mestiere. E in ogni caso a fare il liquorista imparo anche una parte del mio mestiere. Quanto poi alla roba che mi occorre, la potrò portare sempre. Perciò credo di non spendere malamente il denaro vostro.
      Ho ancora venti lire tra biglietti e argento, perciò non mi occorrono denari. Appena sarò al lavoro vi manderò a chiedere la somma che mi occorre per pagare la pensione a Pietro. Spero che col mio lavoro non abbia piú a costarvi. E vi giuro che da ora in poi non mi troverò piú sul lastrico. La lezione fu troppo dura. Mi è piú gradito morire che vivere in quel modo in cui vissi in questi giorni dacché sono a Torino. Coll'inferno nell'anima mi recavo dai mediatori a domandare lavoro. Dover vivere col sudore vostro ed umiliarmi a chiedere ai principali lavoro per vivere, fu per me l'umiliazione piú grande che abbia mai potuto provare.
      Basta, adesso grazie a Dio ho trovato altro lavoro, ma se avessi dovuto aspettare una piazza del mio mestiere prima di trovarla poteva trascorrere un bel mese grosso. Fa pietà vedere quanta gente c'è sul lastrico. Mandate il mio baule all'indirizzo di Pietro.


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Non piangete la mia morte
Lettere ai familiari
di Bartolomeo Vanzetti
pagine 234

   





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