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      È circa due mesi che sono al Messico, e fin dal principio quotidianamente mi punse sempre piú il bisogno di scrivere. Non l'ho fatto, perché le vicende non lo permisero. Furono questi, due mesi di progetti, speranze, incertezze e trepidazioni che non consentirono fino ad oggi una parola concreta, decisiva.
      Oggi posso e lo faccio. Qui vivere col lavoro non si può.
      Oggi stesso vado dal Console italiano che è veramente un bravo uomo, per vedere se posso col suo ausilio chiedere il necessario della vita a qualcosa d'altro che non sia il lavoro salariato. Ciò che è il Messico penna umana non lo può descrivere. Tuttavia, quando mi sarò in qualche punto stabilito, tenterò una descrizione. Non rispondere a questa mia, perché, quantunque abbia intenzione di fermarmi ancora un po' di tempo qui, tanto per osservare dal sicuro come realizzano la coscrizione negli Stati Uniti, presto, credo, rivarcherò il confine. Lo scopo principale di questa mia è di farvi sapere che io godo ottima salute. Che se a causa degli orribili tempi che corrono sarò costretto a rimanere al Messico potrò vivere umanamente; che se la terra di Washington e di Lincoln non sarà abbietta serva altrui potrò ritornarmene là sempre, quando lo voglia, avendo colà della gente che mi vuole bene e mi aiuta; per dirvi in breve che sto bene di salute, che il Messico mi ha insegnato piú di cento libri; che voi pensando a me dovete essere tranquilli e contenti, poiché la vita, qui nel Messico perduto, è sicura come negli altri posti.


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Non piangete la mia morte
Lettere ai familiari
di Bartolomeo Vanzetti
pagine 234

   





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