Del resto pare che la minaccia della coscrizione e deportazione, fatta dagli Stati Uniti, sia un bluff e se lo è davvero... meglio per me...
Dunque state tranquilli fino a quando un'altra mia, piú ottimista di questa, non vi permetta di riprendere la corrispondenza. Tanti baci a Luigia, Ettore e Cenzina.
Saluti agli amici, parenti e vicini.
Accetta, caro babbo, tanti baci dal tuoBartolomeo
Youngstown, Ohio, 14 maggio 1918
Carissimo babbo,
ho ricevuto parecchi giorni orsono la lettera che la Luigia ha scritto in data 21 febbraio 1918.
Non ho risposto subito, perché sapevo di cambiare presto indirizzo. Questa città è chiamata: la città del fumo. Difatti qui vi sono parecchie gigantesche acciaierie, le quali simili a vulcani eruttano giorno e notte, senza tregua, fuoco e fumo. E la città vista da lontano pare schiacciata sotto un gigantesco paracqua nero. La guerra ha dato all'industria del ferro tale impulso, che questa città ricca di questa industria ha attirato a sé tanti lavoratori da diventare un vero formicaio umano. E su questa gente che suda, tutti speculano nel modo piú sfacciato, dimentichi del proverbio che dice: a forza di tirare, la corda si spezza. Due anni fa si spezzò un pochino e duecento case bruciarono come carta, le fabbriche saltarono in aria, qualche poliziotto andò, dritto dritto, in paradiso.
Ora però tutto va bene. Le paghe sono altissime, e la plebaglia può lavorare anche sedici ore al giorno.
Cosí la roba è sí cara che mette i brividi al solo leggerne i prezzi.
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