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      Vi confortino dunque le speranze d'una dovuta riparazione che mi ridarà a chi amo riamato, e alla libertà.
      Natale di pace, natale di esultanza, natale di dolcezza, grideranno fra qualche giorno i farisei d'ogni risma.
      Se la pace della coscienza e la sicurezza del cuore vuol dir natale, per me tutti i giorni è natale.
      Ma quanti focolari spenti, quanti dolori, quante sventure strazian l'umane carni e gli spiriti, e non già per durezza di natural ambiente, ma bensí per la feroce e pazza cupidigia di tiranni; per le loro catene, il piombo e le tenebre con cui domano e spengono audacie di petto e virtú di mente.
      Ed io cui una gran fede riscalda il petto e mi diè pace fra la guerra, l'insidie e le catene, sogno un'altra redenzione e benedico anche al dolore quand'esso può mutarsi in olocausto propiziatore dell'imminente palingenesi.
      Spero che queste mie parole, rivelandovi il mio stato d'animo, vi siano di conforto. Vi prego inoltre di farvi coraggio, star di buon animo e aver cura della salute.
      Di' alle zie, allo zio e alle cugine ch'io li ricordo con affetto sempre.
      Mi è impossibile di scrivere a tutti, ma presto procurerò di farlo.
      Durante la mia prigionia, ho scritto una volta alle cugine, senza risposta. Mi pare impossibile che non l'abbiano ricevuta. È vero che non so il loro numero di domicilio, ma ne so la via; e poi sono cosí conosciute da dover bastare il nome e la città, per recapito. Può darsi pure sia dovuto alla zelante sporcizia (polizia) del patrio governo, questo ingiustificabile smarrimento.


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Non piangete la mia morte
Lettere ai familiari
di Bartolomeo Vanzetti
pagine 234