Qui non si trattò e non si tratta che della volontà avversa di coloro che detengono il potere. Anche l'odio politico e l'isterismo del durante e del dopoguerra, che tanto contribuí alla nostra condanna, è ormai dissipato.
Tutti, di tutte le razze, idee, partiti e religioni (dei componenti il popolo americano) sono con noi e proclamano la nostra innocenza. Questo l'ho constatato dalle manifestazioni di simpatia e di stima ricevute da ogni persona che incontrai durante l'ultima sessione.
Non vi è visita di parenti e amici a questi prigionieri, nella quale i visitanti non parlino di me e non chiedano mie notizie ai visitati, e quando vado nella sala da visita tutti mi guardano sorridenti e mi salutano.
Un marinaio italiano, giunto recentemente in America, venne a visitare un prigioniero e ci raccontò che, in Italia, i lavoratori sono tutti in nostro favore e in nostro favore si agitano.
Tutto ciò non vuol dire che io debba presto o tardi ricevere giustizia! Tutt'altro.
Questo irrita i giudici che senza di questo ci avrebbero di già uccisi, e che mi vogliono tener dentro, sia per puntiglio, sia per la loro vanità offesa e i loro calcoli inconfessabili andati a gambe in aria, ma sopra tutto perché vogliono far tacere la voce della verità e frenare, fermare l'inarrestabile. A New York si è costituito un comitato di preminenti italiani. Il cav. Giglio, direttore di un teatro cosmopolita della città, ha iniziato una settimana di rappresentazioni il cui ricavato sarà devoluto alla nostra difesa.
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