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      Per diritto, amerei di assistere, ma non per privilegio. Che giustizia vera e non pelosi privilegi io cerco e chiedo.
      Del resto ciò è una inezia perché la mia presenza o la mia assenza alla corte non sposterebbe di un sedicesimo di capello il corso degli eventi e lo sviluppo della decisione; perché, è mia assoluta convinzione: quei signori sanno fin d'ora quale sarà il loro responso. Ho recentemente proposto, all'avvocato e ai miei compagni, certe misure che io escogitai e che mi sembrano atte per mettere arditamente le carte in tavola e per sapere una buona volta ciò che quei signori serbano in gozzo per noi. Insisterò su questo.
      Qui, ripeto, i piú sono ottimisti, come pure l'avvocato. Anzi, al modo del marchese di Saluzzo, egli mi ha ultimamente fatto capire che ci ha buone cose. Inoltre, egli è contrario alla agitazione popolare; consigliò: anzi pregò gli amici dall'astenersi completamente.
      Uno di questi, su cui grava per la sua carica nel Comitato di difesa una terribile responsabilità verso di noi e dei compagni tutti, ricevette recentemente dai compagni del Pacifico un loro scritto con cui essi gli domandavano perché, in questo tempo sí vicino al giorno della discussione, il Comitato di difesa fa silenzio sul caso e lascia languire l'agitazione invece di intensificarla. Allora egli disse all'avvocato: Finora ho dato retta alle tue parole, astenendomi e facendo astenere altri dall'agitazione. Ma da tutte le parti mi si chiede il perché di questa condotta, e io non intendo di continuare oltre nell'assumermi tale terribile responsabilità.


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Non piangete la mia morte
Lettere ai familiari
di Bartolomeo Vanzetti
pagine 234

   





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