È stato un lavoro arduo e non è pur ancora terminato. Domani mi porteranno copia stenografata dell'ultima modificazione e correzione della petizione, terminata ieri. Ci sarà nuovamente da aggiungere, da togliere, da modificare, correggere, chiarire, ecc. ecc.; ma spero che sarà l'ultimo suo ritocco, che poi sarà presentata. Sono convinto che di per se stessa e per noi stessi essa non avrà alcun effetto sull'animo del governatore e sull'esito finale di questa commedia, anzi farsa assassina.
L'ho fatta per debito di coscienza verso me stesso; per rispetto a coloro che si rivolsero e si rivolgono al governatore - essi sono milioni, quanto c'è di meglio nell'umanità; e infine perché Mr. Thompson lo desidera e dice che senza di questo non potrebbe fare nulla per la causa, avocarla insomma dinanzi al governatore e il suo concilio onde ottenere una investigazione su tutti i fatti dei due processi. Sabato sera Mr. Thompson mi disse «Va bene, Vanzetti, quando sarai fuori, e non andrà a lungo, io ti parlerò di questa cosa» - cioè, la petizione. Io sorrisi. Ma ero stanco. Lo scritto è stato un terribile lavoro per me; contrasti di sentimenti e di emozioni; rimemorizzazione dei particolari della causa, la piú complicata e lunga di questa nazione, se non del mondo; contrasto fra la mentalità conservatrice e l'obiettivo di salvarci di Thompson e la nostra rigidezza di principi; senso di responsabilità e di coerenza verso noi stessi e l'umanità tutta; differenze di criteri, considerazioni per e su l'uomo a cui ci rivolgiamo; insomma, la piú cattiva gatta da pelare che mi sia mai caduta fra le grinfie in tutta la mia vita.
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Vanzetti Thompson
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