zi inumani, superbi, avari, invidiosi, maldicenti, talchè non virtuosi dir si possono, ma l'istesso pessimo vizio; e tutto nasce da un poco di rinnalzamento di fortuna, che a ognuno dimostrano la loro povera natura; povera dico di giudizio e di consigli, e d'animo nobile. Or, ritornando alla scultura, dico che ell'ha in sè un'altra difficultà; che se pure avviene che un maestro per sua inavvertenza troppo leva della sua materia, e che voglia in qualche modo rimediare, quanto egli più leva della materia, e quella sempre diminuisce o racconci, o guasti; talchè questa è una difficilissima cosa, non che altro, a immaginarla, la quale non cade nella mente di molti, salvo che in quelli che operano nell'arte. Or questi esempi vi faranno certo, che estreme difficultà sono in questa profondissima arte che ne seguitano da questo, che dove si leva non si può porre. Or lascerò a voi giudicare con le difficultà intese, e dell'una e dell'altra professione, qual sia più nobile e virtuosa. Egli è ben vero, che con tutte queste molte fatiche la scultura porge e promette un conforto al maestro di una eterna fama, e con essa immortale lo rende ai futuri secoli, perchè se nulla al mondo è perpetuo, sono le sculture, perchè di tutte l'altre opere la materia si trasmuta in altra forma: solo la scultura questo male agevolmente comporta, e quella nè ghiaccio nè fuoco non l'offende, solo il lunghissimo tempo distruggitore di tutte le cose quella con gran fatica risolve. Di modo che essendoci tante difficultà a condurre tali opere, e tante fatiche d'animo e di corpo, se si sente poi la dolcezza di quella eternità, in pace comportare si debbon molte fatiche; talchè mi pare che a proposito ci sia la sentenza del nostro divin Dante, dove dice, che vuol, che quanto la cosa è più perfetta, più senta il bene, e così la doglienza.
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Dante
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