Di Firenze, il dì 15 di marzo, 1552.
XLIII.
Bartolommeo Bandinelli a M. Iacopo Guidi.
Sappi sua eccellenza, che 'l suo conciatore delle pietre fine da sua parte m'ha detto che m'ha a consegnare tutte quelle pietre che pel pavimento dell'altare ho di bisogno, e tutto s'è fatto e holle consegnate a Averardo Zati, e ho messo mano nella predella di detto altare, che tornerà lavoro bellissimo. E, quanto al coro(70), tosto si murerà gran numero di marmi che sono finiti, e così si chiarirà sua eccellenza che l'onore che mi fa ne' magistrati, assai mi cresce l'animo e la virtù nelle mie opere, com'è costume delli uomini da bene; ma e' mi duole che la mia autorità e le forze sono tanto deboli, che non li posso giovare nulla; ma se crede che io li sia di nessuno utile, umilmente supplico sua eccellenza che si degni in questa prima tratta de' magistrati farmi grazia del Magistrato de' Dugento, o se altro li pare, perchè i' ho veduto i cittadini che li sono più accetti li cava dell'ordinario con gran favore; e pensando che la natura del mio abito(71) e de' miei costumi lo meriti come molti altri; e degnandosi sua eccellenza, sarà certa, ch'avrà tra' cittadini uno tanto fedele, che li mostrerà d'ogni cosa la verità, la quale ispesso a' principi è occultata, da chi per odio e chi per amore, e molti per adulare, donde nasce ogni male. E perchè tali difetti sono in tutto alieni da me pel grande amore che io porto a loro eccellenze, in continova vigilanza celebro in quelti sacri templi dedicati alla paura e timore di loro salute che mi fa protestare innanzi al fatto le cose; e come dice il filosofo che lo indovinare nasce da natura maninconica, dove io per natura sono molto inclinato, come ha visto vostra signoria e messere(72) Lelio in molti mia ragionamenti ch'i' ho sempre usato.
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