Bologna, 11 novembre, 1606.
LXXXIII.
Lodovico Caracci, al sig. don Ferrante Carlo(157).
Io ho sentito gusto particolare, dalla lettera di V. S., che dopo il faticoso viaggio abbia cominciato a godere della quiete qua in Cremona, lontano dalli travagli di Roma. Io poi non ho mai dato principio al quadro suo, per non aver mai finito il lavoro dei tavoloni di Piacenza, sebbene dovevano essere finiti a questo agosto passato, che l'obbligo era con mons. illustrissimo vescovo di Piacenza. La causa della lunghezza è stata lo illustrissimo Legato nostro di Bologna, che mi comandò certa opera, dove vi consumai molto tempo, e, lodato Dio, è finita; e pure seguirò il lavoro di Piacenza, per al fine condurlo al luogo suo, e con questa occasione trasferirmi fino a Cremona, per vedere li disegni di che V. S. ha fatto acquisto in Roma, e pitture; e al mio ritorno a Bologna, piacendo al Signore Iddio, farò il suo quadro promessole, e io la voglio servire con mio gran gusto, mentre che ella potesse avere pazienza nell'aspettare, non potendo io fare altrimenti, come lo illustrissimo sig. Ottavio le ne darà conto della verità, ec. Bologna, 5 gennaro, 1608.
LXXXIV.
Lodovico Caracci al sig. don Ferrante Carlo.
Io ringrazio V. S. del favore fattomi in risposta di quel negozio, che saria tanto difficile a spuntare cosa alcuna per le difficoltà narrate, che hanno del vero; ma si desiderava che facessero profitto nelli studi che non danno fastidio alla bontà della vita, anzi aiutano ad arrivare alla perfezione di santità, come V. S. sa; ma si spera alla venuta del Generale di sentire qualche cosa in favore di questo negozio, che gli resteremo obbligatissimi.
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