Mi bastava otto giorni a finirlo, e non più, e se V. S. fosse nel paese, io avrei procurato un poco d'azzurro oltramare per la Madonna dell'istesso suo quadro. Qua non v'è di buono nulla, sicchè V. S. vi pensi un poco. Qua vi è un giovane(162) di patria di Cento, che dipinge con somma felicità d'invenzione. È gran disegnatore e felicissimo coloritore; è mostro di natura, è miracolo da far stupire chi vede le sue opere. Non dico nulla: ei fa rimaner stupidi li primi pittori: basta, il vedrà al suo ritorno. Non altro. Il signor la conservi. Di Bologna, il dì 25 di ottobre, 1617.
XCVII.
Lodovico Caracci al sig. Ferrante Carlo.
Mi è stato di grandissimo gusto sentire dalla sua lettera, copiosa d'avvisi intorno alli quadri di V. S., che vi è la furia di giorno e di notte, e sentire li pareri di quelli pittori che hanno un gusto eccellentissimo, particolarmente quel pittore Spagnuolo(163) che tiene dietro alla scuola di Caravaggio. Se è quello che dipinse un S. Martino in Parma, che stava col signor Mario Farnese, bisogna star lesto che non diano la colonia(164) al povero Lodovico Caracci: bisogna tenersi in piedi con le stringhe. Io so bene che non trattano con persona addormentata. Il signor Sinibaldo debbe avere qualche martello che V. S. abbia scoperto una mano di pitture come le sue, e, per quanto intendo, non le venderà per li prezzi alti, e poi come non si attacca alla prima, sono poi sbancheggiate affatto, e restano. Mi piace poi che si sia aiutato, che il Presepio sia di mano del cugino Annibale; la Madonna la Nonnata, e finalmente il Cristo del Facino, di mano del Pordenone.
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