Io sono ritornato a Bologna per finire molte cose, che alla partita mia lasciai cominciate, e particolarmente mi preme il servire l'Ill. sig. cardinale Barberino della Tabbita, al qual prego V. S. fare in mio nome riverenza, e conservarmi nella sua grazia; e col ricordarmi servitore a. V. S., le bacio le mani. Di Bologna, il dì primo novembre, 1614.
CIII.
Guido Reni al sig. Antonio Galeazzo Fibbia.
Finalmente, per non disgustare il sig. card. Barberino, son restato per far la tavola di S. Pietro, la quale hanno determinato si faccia a fresco. Mi han licenziato, e me ne volevo venire. Nel far questa tavola io non tratto se non col cardinale Spinola, il qual ha avuto questo ordine dal cardinale Barberino, e così dalla congregazione, e ci siamo accordati per cinque mesi trecento scudi il mese anticipati; solo il primo saranno 400, ed io fin per il saldo mi rimetto a quanto comanderà il sig. cardinale Barberino, perchè questi sono a buon conto. Io ho dimandato, che non voglio che nessuno entri nel mio ponte, sia chi si voglia, nè anco li cardinali, e così tutti della congregazione si sono contentati. Ho anco acettato a far un quadro grande per l'Ambasciatore di Spagna, e una tavolina per il Contestabile di Havard, pure spagnolo, e mi pagheranno le figure dugento scudi l'una, ma su le prime li pareva strano, poi son venuti da loro. Però non ho da questi voluto danari a buon conto, perchè non son sicuro finirla in Roma; volendo poi, che fatta sarà la tavola, e poco altro, ritornare a casa per finire le opere che son obbligato, non mi mettendo conto finirle a Roma, dove si spende all'ingrosso, ed io non posso fare parsimonia, nè ritirate.
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