Napoli, 19 aprile, 1641.
V. S. sa che mai più ho parlato con tutta la confidenza antica; ma il vedere che mai mai finisce, e che me ne dà materia, non mi son potuto contenere.
CXIV.
Gio. Lanfranco al sig. Ferrante Carlo.
Comechè da una mia scritta a V. S. intese della morte del sig. Domenichino, e similmente dell'elezione di me a fornire l'opera(177) da lui condotta a buon termine, così anco m'è parso rescrivere a V. S., disdicendomi di quello che io aveva udito, cioè, che li signori Deputati li volevano rivedere il pelo, perchè non è la verità, anzichè detti signori con molta benignità trattano di aggiustar gli eredi, avendo messi periti da una parte e l'altra acciò si veda l'opera e si sodisfaccia, se averà da avere. Io quando scrissi a V. S. dissi quello che aveva udito dire; ora ho veduto: e non v'è tanto male quanto sentiva, essendo una bell'opera. Vero è che c'è delle stiracchiature; e per il lungo tempo, che v'è stato intorno, le prime cose son già vecchie e rancide, le altre non ancora finite. La cupola poi è mezza, cioè la metà fatta, ed è la manco cosa che vi sia, essendo molto ordinaria, ed in termine che, a proporzione dell'altre cose fatte, ci doveva star altrettanto tempo a fornire, poichè si ci vede stracchezza grande nel finire; perciò, come dico, li signori ci vanno con molta dolcezza; benchè con il morto avessero gran disgusto per tirarla tanto in lungo, e per non vedere che manco si fornisse gli ori e li stucchi che ci vanno, non volendo che altro che Bolognesi entrasse a operare in detta cappella, tenendo tutti gli altri per sospetti; a tal segno che di disperazione questi signori la volevano aprire e goderla più presto così imperfetta, che aspettar di dare tali lavori a' Bolognesi, tanto più, che qua vi sono uomini eccellentissimi, siccome in questi pochi dì hanno già fatto gran cose, e bene.
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Carlo Deputati Bolognesi Bolognesi
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