Intanto io ho cominciato il ritratto d'un'altra gentildonna, che sebbene non è di tanta qualità come madama di Ampus, è però tenuta per la più bella e graziosa che sia in tutto questo paese, e sarà di quell'istessa misura questo ritratto di quello di madama d'Aubignano. Dimando perdono a V. S. ill. dello stento e ritardanza mia al darle il desiderato gusto. Io sono sempre travagliato da questo Generale per considerazione d'un padre di questa Casa mio nemico, ed ultimamente egli s'è lamentato con esso reverendiss. Padre d'aver avuto uno schiaffo da me, il che è falsissimo, come V. S. ill. potrà leggere nell'attestazione di tutti li padri e frati di questo convento, la quale le mando aperta acciò V. S. ill. la legga, e faccia leggere da chi le piacerà. Non vorrei che V. S. ill. si pigliasse la fatica di dar essa stessa queste carte al detto Generale. Basterà che li sian portate da qualche suo servitore, e che V. S. ill. poi, incontrandolo, gli dica il suo parere intorno alla mia persona, e gli faccia intendere che se persevererà a travagliarmi, sarò forzato di lasciar questo abito, e farmi prete secolare, che per questo effetto sono sollecitato da diversi vescovi che mi voglion bene. Mi perdoni di tanti fastidi che io continuamente le do. Non ho a Roma più potente, nè più fidato protettor di lei, e non so a chi altro meglio indirizzare le mie querimonie e fastidi. La maggior parte del tempo mio va consumandosi in scriver lettere, e cercar invenzioni per mia difesa, nè posso lavorar niente di pittura, parte per non aver tempo, parte per trovarmi sempre con l'animo inquieto.
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