Ai pittori della mia condizione, e genio stravagante, è forza, dalla misura in poi, lasciare il resto in libertà; così averei fatto io in accidente simile con voi, e contentarsi di non volere insegnare ai babbi a far figliuoli, e come ho detto di sopra, a secondare il genio di chi ha da operare, e credere ch'ogni poca cosa di pittore classico è per ricevere e pregio e lode da chi veramente intende; e vi ricordo che val più un solo verso d'Omero, che un intero poema d'un Cherilo.
Non dirò di vantaggio per non dar luogo alla collera, nella quale m'avete messo. Oh Dio, e chi mai sentì minchioneria più massima di questa? Creder d'esperimentare l'amico, e l'amico pittore dalla quantità delle figure!
Serbate, serbate, amico, codeste vostre rigorose cavillazioni per le poesia, e non per il mio animo, il quale per voi è impeccabile; e se questo succede per la soverchia mia schiettezza e libertà di lingua, vi prometto per l'avvenire in simili minchionerie d'adularvi ancor io. Saluto tutti di casa, e voi abbraccio con l'anima. Di Roma, questo dì 4 di giugno, 1664.
CC.
Salvador Rosa a Gio. Batista Ricciardi.
Siete pur buono a farvi dare ad intendere che io sia applicato a far danari, e massime ne' presenti tempi, quando ogni fedel cristiano fa sei nodi ad un testone. Questi che v'ha ragguagliato di questa fola, o mi desidera bene o sogna; della prima lo ringrazio, della seconda mi dispiace che non sia vero.
Ricciardi mio, tutte le mie ricchezze consistono in quei quattro baiocchi applicati nelle lane, i quali negozi, per grazia de' signori rumori di guerra, sono dismessi affatto, e per conseguenza impediti a me quei pochi emolumenti che se ne cavavano.
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