Caro sig mio osservandissimo, ben mi credo per mie lettere e per l'altrui parole abbiate inteso il fatto come andò quando fui soccorso, che ritrovandomi forzato sopra le galere del papa, ebbi libertà mercè d'Andrea Doria principe di Melfi, il quale senza più pensare diede ordine in tal maniera ch'io restai libero in Genova. Ora che il giovane cortese messer Giovan N. gentiluomo di Genova viene a Vinegia, ho voluto di nuovo offrirvi la propria povera vita, la quale sempre si trova pronta a farvi piacere; e perchè sono molti giorni ch'io mai non intesi di voi, molto il desidero, e parimente dei vostri amici dell'accademia vostra, come il compare messer Tiziano, e 'l vostro messer Iacopo Sansovino ed il compare M. Francesco Marcolino e gli altri tutti, e di ciò vi prego sommissimamente acciò che non paia ch'io manchi del debito mio, quale tengo presso la virtù de' loro pari. Io mi ritrovo in Genova amato da diversi gran gentiluomini, e forse perchè il signor principe ed il capitano Giannetino(249) mi fanno cera da farmi piacere. Ma io essendo creato nelle altrui città, come voi sapete, queste maniere di qua non mi calzano troppo; e quando vi venisse proposito di fare a me que' favori che solete fare ai virtuosi, come faceste a Gianiacopo da Verona quando il mandaste per il vostro mezzo in Polonia, ve ne prego e supplico, perchè in qualche buon modo mi scioglierei da' legami con i quali mi legò la cortesia del signor Andrea Doria, e venirei al vostro comando; sì che di grazia mi vi raccomando.
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