Quanto odio che dee portar la morte al sacro spirito che rende vive le genti ch'ella uccide! Ben lo conobbe la maestà di Cesare quando in Bologna, vedutosi vivo nella pittura, se ne maravigliò più che delle vittorie e de' trionfi per cui può sempre andarsene al cielo. Or leggetelo con un altro appresso, poi risolvetevi in commendare la volontà ch'io ho di celebrare il duca e la duchessa d'Urbino, e non di lodar lo stile di così deboli versi. Di Venezia.
Seguono i sonetti in lode di Tiziano.
Se 'l chiaro Apelle con la man dell'arteRassembrò d'Alessandro il volto e 'l petto,
Non finse già di pellegrin subiettoL'alto vigor che l'anima comparte;
Ma Tizian che dal cielo ha maggior parteFuor mostra ogni invisibile concetto.
Però 'l gran duca nel dipinto aspettoScuopre le palme entro al suo coro sparte.
Egli ha il terror fra l'uno e l'altro ciglio,
L'animo in gli occhi e l'alterezza in fronte,
Nel cui spazio l'onor siede e 'l consiglio.
Nel busto armato e nelle braccia pronteArde il valor, che guarda dal periglio.
Italia sacra a sue virtuti conte.
L'unïon de' colori, che lo stileDi Tiziano ha distesi, esprime fora
La Concordia che regge in Lionora
Le ministre del spirito gentile.
Seco siede Modestia in atto umíle,
Onestà nel suo abito dimora,
Vergogna il petto e i crin le vela e onora,
Le affigge Amor il guardo signorile.
Pudicizia e Beltà, nimiche eterneLe spazian nel sembiante, e fra le ciglia
Il tuono delle grazie si discerne.
Prudenza il valor suo guarda, e consigliaNel bel tacer; l'altre virtuti interne
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