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      Di Roma, questo dė 15 di dicembre, 1666.
     
     
      XIII.
      Salvador Rosa al sig. Gio. Batista Ricciardi.
     
      Quando credevo che l'indiavolata stagione presente fusse per finire, da quattro giorni in qua s'č fatta da capo. Il freddo di quest'anno č stato cosė fuor del consueto bestiale che mi ha fatto temere pių d'una volta d'avermi a perdere affatto. La mia testa al caldo si distempera, al freddo si riduce a temer di una caduta all'improvviso, e dice alla sua vita: Buona notte, a rivederci a' liti d'Acheronte. Ho sofferto due mesi di dolor di testa, con tutto il riguardo di regolarmi da gallina. I miei piedi sono continuamente due pezzi di ghiaccio, con tutto il beneficio dei calzerotti fattimi venire da Venezia. Nelle mie stanze non vi si smorza mai il fuoco; e, pių diligente che non era il Cavaliere Cigoli(13), non č fessura in mia casa che non sia giornalmente da me stoppata diligentemente, e pure non posso riscaldarmi, nč mi riscalderiano la faci di Cupido, nč gli abbracciamenti di Frine. D'ogn'altra cosa il mio labbro favella che di pennello: le tele volte al muro, i colori in tutto e per tutto impietriti, nč altre specie in me si raggirano che di cammini, di bracieri, scaldaletti, manicotti, guanti impellicciati, scarpini di lana, berettini foderati, e simili sorte di cose. Infatti, amico, io mi conosco assai deteriorato dal mio solito calore; e che sia vero, mi son ridotto a passare i giorni intieri senza favellare, e quella ardenza d'una volta in me spiritosa la contemplo sfumata affatto.


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Raccolta di lettere sulla pittura scultura ed architettura scritte da' pių celebri personaggi dei secoli XV XVI e XVII pubblicata da M. Gio. Bottari e continuata fino ai nostri giorni da Stefano Ticozzi
Volume Secondo
di Autori Vari
pagine 396

   





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