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      XXVI.
      Gio. Batista Ricciardi al sig. Ferrante Capponi.
     
      Il signore dottor Terenzi(28) mi significò alli giorni passati esser mente di VS. ill. che io facessi alcuni versi sopra certi emblemi Oraziani. Risposi che da ogn'altro ella saria restata molto meglio servita in simil cosa, poichè nè io sono poeta, nè letterato; e dovendo questi componimenti essere esposti nella sua bellissima villa dell'Imperiale alli occhi lincei della corte, si richiedeva che fussino fatti da persona dell'arte, nella quale non sapevo chi potesse con più felicità e squisitezza adoperarsi del medesimo signor Terenzi, che, oltre alla molta erudizione, ha così pronte in ogni genere di scrivere le muse. Mi replicò egli con quei modi che gli dettò la sua cortesia, i quali però non m'avriano rimosso dalla risoluzione persuasami dalla giusta cognizione di me stesso, se non fussero stati accompagnati dalli espressi comandi di VS. ill. che mi fece vedere nella di lei lettera, e dalla viva memoria delle tante obbligazioni da me contratte con la benefica sua protezione, della quale cominciai fino l'anno 1639 a provare le grazie in Roma quando partii di seminario. Conclusi dunque d'ubbidirla alla cieca, et attesi che il signore Terenzi mi favorisse del libro, siccome succedè la sera del terzo giorno della Pentecoste. In esso mi furono da lui segnati i due emblemi: Avarus quaesitis frui non audet; Et haeres instar vulturis esse solet. Ingiunti ne invio a VS. illustrissima due quadernari che alludono a quelle sentenze, avendomi significato il signor Terenzi che più le sia piaciuto questo genere di composizione, e che vuole che solo si accenni la sostanza delli stessi emblemi, senza trasportarne il sentimento intero.


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Raccolta di lettere sulla pittura scultura ed architettura scritte da' più celebri personaggi dei secoli XV XVI e XVII pubblicata da M. Gio. Bottari e continuata fino ai nostri giorni da Stefano Ticozzi
Volume Secondo
di Autori Vari
pagine 396

   





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