20 giugno, 1672.
Avarus quæsitis frui non audet.
L'esca ritrosa et i fugaci umoriTrovò per pena all'impietade Aletto:
Contende a sè l'avaro, e n'ha diletto,
Tantalo volontario, i suoi tesori.
Hæres instar vulturis esse solet.
Simile alli avoltoi l'erede ognoraI cadaveri aspetta, ond'ei si pasce;
E dal cenere altrui, mentre rinasce,
Le sue fenici ha l'ingordigia ancora.
XXVII.
Gio. Batista Foggini(29) al signor Anton Domenico Gabbiani(30).
Le cose sommamente desiderate riescono (conseguite che si hanno) di straordinaria consolazione. Tale appunto mi riuscì la sua cortesissima, essendo stato per tanto tempo privo della consolazione di sapere novità di VS., supponendo che le delizie Venete gli avessero fatto dimenticare la patria, ed il Turacciolo(31), affatto rovinato e presso che estinto per l'assenza del Marcellino(32) che sta godendo le delizie di Pratolino, e la malattia di Fedone, principale sostegno e fondamento di così eccelsa opera; benchè adesso vadia recuperando la salute, nella quale è riposta l'unica speranza di riassumere e ridurre nel primiero splendore l'odoroso e non mai a bastanza lodato Turacciolo.
Sentii con gusto che l'intaglio della mia conclusione le satisfacesse; e l'assicuro che il segreto(33) è bello, quanto in tal genere si possa mai trovare; e l'argomenti da questo, che lascia segno lindo quanto mai si possa; e non ho operato in quella cosa con tutte quelle diligenze che il segreto vuole, e che sono quelle che fanno riescire pulito il lavoro, che suppongo, quando faccia altro con ciò che il modo insegnava, sia per riuscire al pari di altri non giudicati in tal genere gli ultimi.
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