Pisa, questo dė 3 maggio, 1684.
XXIX.
Benedetto Luti al sig. Gabbiani.
Ho veduto con non poco incomodo del signor Redi(40) molte belle cose, a segno che io non so dove mi abbia la testa, per vederne io del continovo, e in particolare di fabbriche di bella architettura. Ma siccome io sono in tutto privo d'intendimento di tale arte, io tacerō per non dire qualche sproposito, ec.; ma, confessando il mio gusto, mi paiono gran maraviglie.
Fui a presentare la lettera al signor Paolo Falconieri, che mi diede per mio avanzamento il serenissimo principe; e dal medesimo cavaliere ne ricevo favori giornalmente. Dal signor Carlo Maratta io non sono stato, per essere il medesimo cavaliere un po' indisposto a conto della gotta, ma essendone fuori mi vi condurrā. Frattanto io vo studiando li angoli del Domenichino a S. Andrea della Valle, e il Redi alla Loggia de' Ghigi.
Il Pontefice, per quello che si sente, non si vuole ancora, e per Roma non si sente nč chi sarā, nč chi non sarā, come appunto se e' fosse stato eletto. Mi onori rappresentare i miei ossequi alla signora Maria, e resto rassegnandomi sempre. Di vostra signoria mio signore. Roma, 19 maggio, 1691.
XXX.
Benedetto Luti al sig. Ant. Dom. Gabbiani.
Qua in Roma hanno rinnovato l'antico costume che solevano, come giā ella sa, de' premi per concorso; e per suggetto della prima classe hanno dato, quando Iddio comanda a Moisč che si fabbrichi il Tabernacolo; e vogliono che si figuri quando il popolo concorse secondo il suo potere per servizio del detto Tabernacolo.
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