Or quanto lontani da' nostri siano quei secoli ne' quali ebbero origine sì fatte adorazioni, senza considerare che i primi abitatori dell'Egitto furono idolatri, come si cava da Erodoto nel secondo libro delle sue Storie, e da Strabone nel decimo quinto della sua Geografia: che Belo padre di Nino, primo imperadore degli Assiri, fu da' suoi popoli adorato; basta che altrui sovvenga della bella Rachele, che seguitando il suo marito Giacobbe nel fuggire di Mesopotamia, portò via molti idoli di Labano, come riferisce Giuseppe Ebreo nelle Antichità Giudaiche.
E tralasciate anche le memorie dell'idolatria per ricercare quanto antichi fossero que' che fabbricarono statue, evvi una moltitudine considerabile di scrittori che ci assicurano che antichissimi artefici mostrarono i loro ingegni in simiglievol lavoro.
La favola di Prometeo, e degli uomini formati da esso di terra, è più nota, che mestier faccia qui riferirla; e pure ancorchè egli sia falso che e' rendesse animate col fuoco le sue figure, vero è che egli però si rendesse famoso nel lavorarle. Veggasi, non dirò Fulgenzio, Igino e gli altri Mitologi, che ne raccontano il favoloso, ma Lattanzio Firmiano nel secondo libro delle divine Istituzioni, Palefato greco scrittore delle storie incredibili, ch'hanno somministrato materia alle favole, e Natal Conti che nella sua Mitologia racconta insieme il falso ed il vero.
Dionisio Alicarnasseo nel primo libro delle Storie di Roma, e Macrobio nel primo de' Saturnali vogliono che i più antichi scultori fossero i più antichi Pelasgi.
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