Ma navigante sì gaglioffo e stolidoNon troverassi che tai cose dicaci,
Troppo accorto dal suo grave pericolo;
Bensì i moderni dipintor le dicono,
Mostrando in questo ancor di non discernereQuanto a saper lor manca, anzi il contrastano,
Onde si può veder se sperar debbesiChe all'ignoranza si trovi rimedio.
O lieve scorre o stassi; o s'ave gli omeriDi grave peso e faticoso carichi,
I loro vari necessari uffici;
Così che non succeda, come videsiFar non ha molto, che taluno adoperi
Per un braccio d'Adon, che faccia a Venere,
Palpando e lusingandola, blandizie,
Uno di quei del gladiator che avventasiIn fiero atto, e il nemico vuol trafiggere.
E questo esemplo val per cento simili.
Sono le varie passïon dell'animoCagion di vari moti, e questi esprimere
Non può, nè quelle all'occhio altrui ch'intenderePrima certo non sa quali derivano
Dalla tal passïon moti, e che facciansi,
Per secondarla, allor muscoli e tendini.
Ma questo al dire è troppo ampia materia,
Chè, a seguitarla, non avria mai termineIl parlar nostro; cui non dettò invidia,
Nè ambizione, che questa aver non puotesiDa tal che innalza e prezza ciò che mancagli.
Invidia poi, ma chi destar potrebbela?
Studia, Ercolino; e quel che costor dicono,
Che tu non sai, dei faticando apprendere,
Ma se di quel che sai poi ti deridono,
Rider di loro tu devi, e questo fôraneBen più giusto argomento di commedie.
Di Casa, 31 dicembre, 1729.
LXXX.
Marc'Antonio Franceschini(116) al signor Cav. Gabburri.
V.S. ill. che, non contenta di avermi fatto godere l'onore della visita di due gran virtuosi, uno nella scultura e l'altro nella pittura (che tale può dirsi anche la miniatura e lo smalto) ha voluto ancora maggiormente obbligarmi col regalo d'un libro, che (per quel poco che ho potuto finora vedere) mi sarà di gustosissimo divertimento nelle sere venture.
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