Per questo non intraprese mai a dipignere a fresco(133), dove la pratica domanda una pronta spedizione, e per questa ragione ancora i suoi quadri sono in sì piccol numero.
D'altronde, ancora Lionardo non era molto curioso di moltiplicare le sue opere. Comechè egli faceva pochissimo conto di quel che era fatto in fretta, e che non era se non il frutto d'un primo fuoco, egli amava meglio di far poco, e applicarvisi, benchè gli costasse molto il renderlo perfetto. Molto lontano in questo da certi pittori, de' quali egli si duole, che, contenti de' loro primi studi, quando sono stati una volta applauditi, se ne stanno per sempre in una accidiosa indolenza; (134)perchè, come egli nota giudiziosamente nel suo Trattato sopra la Pittura, un pittore deve sempre stare ansioso, e fare de' nuovi sforzi; nè basta d'essersi fatta la pratica di disegnare una bella testa, e aver imparato, per così dire, a mente a disporre graziosamente una sola figura, e a ben gettare l'estremità d'un panno: se egli si ferma lì, potrà piacere la prima volta, ma il suo credito mal appoggiato non reggerà gran tempo; e dalla gloria, che egli aveva cominciato ad acquistarsi, caderà nel disprezzo. E questo è, perchè la pittura non ha altro oggetto che imitare la natura, e la natura è immensa nelle sue varietà.
Questa aggradevole diversità di forme, che è il principale ornamento della natura, aveva fatto concepire a Lionardo, che in questo consistesse l'essenziale dell'arte. Ogni opera, che peccava per troppa uniformità, non la poteva soffrire(135). Un autore italiano(136) ha preteso che egli avesse steso la sua critica fin sopra il famoso Giudizio di Michelagnolo, ma benchè questa accusa potesse esser fondata, ella cade da sè medesima, poichè egli è certo che Michelagnolo non intraprese l'opera del Giudizio se non molt'anni dopo la morte di Lionardo(137).
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