L'idee magnifiche di Lionardo erano fortunatamente secondate da' suoi modelli.
Ma quando volle esprimere il carattere della divinità impresso sulla faccia di G. C., la sua mano non potè mai rappresentare il suo pensiero, e tutto quello che ella produceva non era capace di contentare la sublimità e la delicatezza del suo gusto. Disperando di poterne riuscire, come desiderava, egli manifestò la sua angustia a Bernardo Zenale(153), suo amico, il quale non s'immaginando che si potesse far cosa alcuna più maestosa delle due teste de' due SS. Giacomi, lo consigliò di lasciar la testa di Gesù Cristo abbozzata come ell'era. Lionardo si arrendè al suo consiglio, imitando in un certo modo Timante concorrente di Zeusi, che avendo impiegati tutti i caratteri di dolore ne' volti di quelli che assistevano al sacrifizio d'Ifigenia, da lui dipinto in un quadro, non credette di poter esprimer meglio quello del padre sfortunato, che vedeva immolare la sua figliuola, che col coprirgli la faccia col proprio manto(154).
Lionardo, uscito di questo primo imbarazzo, incontrò nuove difficultà nell'esprimere il carattere di Giuda. Prima di cominciarlo ricorse alle sue riflessioni, le quali lo portarono molto in lungo. Il priore de Domenicani, impaziente di vedere che l'opera non finiva mai, e stanco di sollecitar Lionardo, se ne lamentò col Duca. Egli s'immaginava che un pittore non potesse lavorare se non colle mani; e vedeva che Lionardo passava gran tempo a meditare. Il Duca, per soddisfare il priore, volle domandare da sè medesimo nuove del suo quadro, e avendo inteso che sicuramente non passava giorno che egli non v'impiegasse almeno due ore, non lo affrettò di vantaggio.
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