Ma passando all'opere di marmo, si vede di sua mano una medaglia in s.
Agostino, e in s. Francesco a Ripa il sepolcro di monsig. Paravicini, del qual sepolcro fece anche il disegno; e di quest'opera fu ammirato non solo la scultura, ma anche il vago pensiero. È questa memoria affissa a un pilastro, e consiste nel busto di esso prelato, e in due putti che reggono e tengono stesa una pelle di cigno, in cui è incisa l'iscrizione. Volle il Rusconi alludere con ciò all'arme gentilizia di questo prelato. Fece anche un simil deposito pel celebre antiquario monsig. Fabbretti, collocato nel primo pilastro a man sinistra della chiesa della Minerva, ma in questo deposito non iscolpì il Rusconi altro che il ritratto, che veramente riuscì somigliantissimo; e i due putti che posano sopra un architrave, sono fattura d'un altro artefice. In questo tempo appunto, essendo di circa a 40 anni, fu colpito d'un accidente apopletico, cagionato, come vollero i medici, dall'assidua attentissima applicazione allo studio; ma, la Dio grazia, riavutosi, tornò talmente sano, che non pareva che avesse avuto nulla. Allora fece di terra per suo studio un bel putto che scherzava con alcuni grappoli d'uva, che visto da Carlo Maratta ne fece grande stima, e lo stesso confermarono tutti, sì pittori e sì scultori che lo videro, talchè gli fecero un assedio intorno perchè lo scolpisse in marmo, come fece, e gli riuscì tanto bene che il marchese Niccolò Maria Pallavicini, amantissimo di queste rarità e delle produzioni più singolari di queste arti, il volle per sè, e ne ordinò tre altri al Rusconi che rappresentassero le tre altre Stagioni.
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