Ho un disegno d'una opera, che sarebbe da eseguirsi in Roma, il qual disegno è composto di tredici figure, senza poi l'architettura che vi è, il qual disegno è molti mesi che sta nelle mani d'un eminentissimo cardinale. Ora io penso, come dubitano tutti, che quest'opera non si metterà in esecuzione, per la quale sono stati fatti molti disegni e modelli, li quali hanno restituiti indietro, tolto che il mio e un altro, e mi vanno speranzando, ma io non ci credo per esser la spesa d'assai considerazione. Ora se io posso riaverlo in dietro, sarebbe un disegno per un par suo, il quale disegno è uno de' migliori che io abbia fatti, il quale è disegnato a penna, acquerellato con i suoi lumi. Mi perdoni del lungo tedio, e con baciarle affettuosamente le mani, mi rassegno di nuovo ai suoi stimatissimi comandi. Roma, li 19 gennaio, 1732.
XCVII.
Pietro Mariette al sig. Cav. Gabburri.
Io m'era bene immaginato che voi dovevate affogare nell'occupazioni nella presente congiuntura, e che la vostra carica(200) non vi permetterebbe di pensare ad altro che ai preparativi necessari per la venuta dell'Infante don Carlo a Firenze; onde io vi ho obbligo doppio, e della lettera, di cui voi mi avete onorato, e del moto che vi siete dato per procurarmi un luogo tra gli associati al Museo Fiorentino. Io farò capitale della grazia che mi fa il signor Moucke(201) a vostro riguardo, ma non avendo presentemente occasione di rimetter questo danaro a Firenze, e il rimetterlo per via di Lione sarebbe un preindugiar troppo, io son ricorso al signor abate Pennetti(202), che mi ha promesso di farvi pagare questa somma.
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