dal Salvini. Vi prego a scusare se dopo tanto tempo, e dopo aver fatte tante diligenti ricerche, io vi ho detto ora sì poco di questo benedetto Maso; e se io vi ho servito sì male, incolpatene la mia ignoranza e la mia insufficienza, non già la mia volontà e il mio desiderio, perchè quella è sempre pronta, e questo ardentissimo di obbedirvi e servirvi senza riserva.
Passerò adesso a dirvi il mio sentimento in risposta alla difficoltà che avete intorno alla carta di Livio Meus. Non è da maravigliarsi che Livio Meus intagliasse l'Assedio di Piombino, mentre si vede nella sua vita che egli essendo ancora giovanotto, in tempo ch'egli si ritrovava in Pistola in casa dei signori Forteguerri, sentendo raccontare l'attacco che fecero di notte gli eserciti della Chiesa alla stessa città, e la bravissima difesa che fecero i soldati del Granduca, disegnò quell'attacco con tanto spirito, e con sì belle avvertenze, invenzioni e bizzarrie, che quel sovrano ne rimase maravigliato a tal segno che, avendolo preso in sua protezione, lo fece poi studiare prima da Stefano della Bella, poi sotto Pietro, da Cortona, e tanto mi asserisce Bonaventura Gandi, pittor fiorentino vivente, scolare del medesimo Livio, da cui dice averlo sentito dire più volte. Questa è la ragione per la quale, essendosi egli imbevuta della maniera di Stefano, pare che l'Attacco di Piombino sia fatto dal medesimo Stefano. Si aggiugne a questo, che non gli erano nuovi gli accampamenti degli eserciti e le battaglie, mentre militò nelle truppe di Milano per il re di Spagna contro l'esercito del Piemonte.
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