Così fecero tutti gli uomini che grandi furono nell'arte, e che appo noi, come illustri e maestri nell'arte si venerano. Ma dove sono ora quei maestri che con fina accortezza, il naturale scoprendo de' suoi discepoli, sappiano ciascuno in quella via dirigere, nella quale il scuoprono dal suo naturale e talento portato; e quello alla forte, e questo alla dolce maniera adattino; chi al disegnare franco, ed ardito, chi all'accomodato e liscio; tutti insomma per quella strada, verso cui pendono, e veggongli dal proprio naturale portati, e per genio inclinati; giacchè tutte le vie son buone quando non sono contrarie al nostro talento, purchè in esse alla perfezione di quella maniera conducano? Dove?
Or qual meraviglia, se così rari si veggono i professori, e laddove le scuole un tempo sì feconde vedevansi di bravi professori (che cotanto e la nobil professione, e le città loro illustravano) ora si veggono sì desolate e vote?
Non da altro certamente procede una sì funesta e lagrimevole metamorfosi, se non se dal non volere studiare sull'opere altrui, e dal non voler fare quelle osservazioni che fecero i nostri maggiori, e senza le quali giammai si può giungere ad imitare il vero, con maestà, con decoro, con venustà.
Serve il vero, non v'ha dubbio, di sicuro maestro; ma tutto il vero non è bello, e se è bello non è in tutte le sue parti; ma il vero bisogna saperlo moderare a luogo e tempo; a tempo e luogo saperlo arricchire; e dove bisogna, abbellirlo ancora; onde per questo, cioè per saper conoscere il bel vero, e saperlo imitare, moderare, arricchire, abbellire, è troppo necessaria l'oculare osservazione sull'arte, con la quale l'imitarono, e se ne servirono i nostri antichi maestri; e chi sente diversamente è in un grandissimo abbaglio; dovendosi in due maniere da noi considerarsi la natura, negli oggetti, cioè, in particolare, e negli oggetti in generale.
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