Or qui pure si pretenderà che il Condivi abbia voluto rendere Raffaello inferiore a Michelagnolo; forse deducendo che abbia voluto dire che Michelagnolo possedesse cotal arte da natura, e da lungo studio Raffaello, però che a Michelagnolo fosse Raffaello inferiore. Ma dato, e non concesso, che ciò potesse dedursi, che per questo? che? forse è meno stimabile, pregevol meno, e meno eccellente, chi a forza di studio e di osservazioni giunge all'acquisto d'un'arte, di quello che sia, chi sortì dalla natura maggiori disposizioni per acquistarla? forse la maggiore facilità naturale nell'operare qualifica la maggioranza nell'effetto dell'operazione? Al più al più dir si potrebbe, che chi sortì dalla natura maggiori disposizioni, a minori fatiche è soggetto per l'acquisto d'una virtù, di quello che convenga soffrire a chi ne ricevette delle minori; ma non mai, che solo per questo, quello debba essere all'altro superiore. Oltre di che (siasene quello ch'esser si voglia di cotal detto di Michelagnolo) se di codesti due dir si dovesse, chi di loro tale arte possedesse dalla natura, certamente, risguardando la corta età di Raffaello da Urbino, e la sua eccellenza sovra d'ogn'altro nell'arte, a confronto della lunga età e studio lunghissimo di Michelagnolo, dir si dovrebbe che quegli e non questi dalla natura ricevesse maggiori disposizioni, essendo in sì brieve tempo a tanta altezza di sapere sopra d'ogn'altro arrivato.
Questi sono tutti i passi nella Vita di Michelagnolo, scritta da Ascanio Condivi, nei quali egli parla di Raffaello da Urbino, e a' quali si può inferire quanto sia falso il detto del Bellori, cioè, che Ascanio Condivi, ec., come sopra, ec.
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