Se poi della seconda ha egli avuto in animo di parlare, cioè dell'autorità di mero pittore, direi che, rispetto al Condivi, egli non ha avuto ragione di nominarlo senza alcuna autorità, imperciocchè e fuor d'ogni dubbio che il Condivi fu scolare di Michelagnolo, ed intendentissimo di pittura, dunque provveduto di quella medesima autorità di che si credeva provveduto il Bellori medesimo, se voglia essere nello scrivere considerato come mero pittore.
Se poi il Bellori avesse preteso con quel suo senza alcuna autorità, di dire che d'una individuata professione uno non possa scrivere quando in quella non sia versato e perito, potrebbesi smentirlo con addurre più d'uno scrittore, il quale, benchè non fosse professor di quell'arte, della quale parlo, pure diede alla luce trattati bellissimi della medesima, e insieme insieme a' medesimi professori utilissimi, essendo unicamente necessario (giova qui il ripeterlo) quando uno scrive intorno a qualche materia, che ne scriva bene e dottamente.
Questo è quello che si potrebbe rispondere a quel suo senza autorità alcuna, non sapendo però qual risposta darebbe il Bellori a chi si facesse ad interrogarlo, con quale autorità abbia egli caricato de' titoli di contradicentesi, di menzognero, di appassionato, di bugiardo, di maligno il Vasari, e di nessuna autorità e di appassionati i Borghini, i Varchi ed i Condivi.
Che se di questi ha il Bellori con tanto dispregio parlato, benchè (come ho procurato di provare) non abbiano preteso nè molto nè poco di sottomettere al Bonarroti Raffaello da Urbino, che avrebbe poi mai egli detto se fosse sopravvissuto alla pubblicazione dei Trattenimenti di Monsieur Filibien, ed avesse letto nel primo tomo de' medesimi alla pag.
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