Piaccia a Dio ch'ella sembri tale al suo purgatissimo giudizio, quale io mi sono sforzato di farla parere con desiderio che le sodisfaccia. Però vostra maestà l'avrà uno di questi giorni per consegnata al suo segretario Garzia Ernando secondo la sua imposizione. In tanto io supplico la sua infinita clemenza che se le è stata giammai grata in qualche parte la mia lunghissima servitù, ella si degni di compiacersi ch'io non sia più tanto lungamente tormentato da' suoi ministri in riscuotere le mie provvisioni, così nell'ispedizione di Spagna, come della Camera di Milano, acciocchè io possa più tranquillamente vivere questi pochi giorni che mi restano da esser spesi in suo servizio; che in questo vostra maestà sarà non men pietosa verso Cesare suo genitore (di gloriosa memoria) in far dare esecuzione alla sua volontà, che amorevole a sè medesima; quando per questo, restando io libero da mille cure continue di procurar di riscuotere quel poco di alimento ch'io ne traggo, potrò spendere tutto il tempo in servirla dell'opera mia, senza spenderne la maggior parte, come mi convien fare al presente, in iscrivere or qua or là a diversi suoi negoziatori, non senza mio gravissimo dispendio, e quasi sempre indarno, per aver quel poco danaro che posso a pena trarre dopo molto tempo. So certo, clementissimo sire, che se la vostra maestà sapesse la pena mia, la sua infinita pietà si moverebbe a compassione, e ne mostrerebbe per avventura qualche segno; che quantunque la sua singolar benignità si faccia servire in iscrivere sue cedole, nondimeno non mi vien pagato mai cosa alcuna secondo la sua intenzione per la loro forma; la qual cosa è cagione, per la quale al presente sono sforzato a ricorrere umilmente per suffragio ai piedi del mio Cattolico signore, supplicando la sua pietà a degnarsi di provedere al mio infortunio con qualche opportuno espediente, acciocch'ella non resti più lungamente tediata da mie querele, ed io possa da qui innanzi, più libero da simili cure, esercitarmi in suo servizio; e le bacio le cattoliche mani.
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