Così colui che vuol giudicare dell'eccellenza d'una pittura, senza aver bene esperimentato le difficultà che portan seco i dintorni nelli scorci, l'osservanza delle proporzioni nelle figure, la situazione, l'elezione delle attitudini, la mescolanza de' colori, l'inventare, e porre in esecuzione colla mano, e, quel che più importa, senza sapere per lungo cimento il posto e apparenza de' muscoli in ognuna di quelle infinite ed irregolari forme che fan prender loro lo stare, l'alzare, l'abbassare, il tirare delle principali membra; e queste anche in ogni lor veduta, o all'in su, o all'ingiù, o dai lati; che sono le più terribili difficoltà dell'arte, potrà ben dire, mi piace, e non mi piace, ma non già dar giudizio del suo pregio. Ma io sento chi mi dice: Non è egli vero che il fine dell'ottimo pittore è di procacciarsi il grido dell'universale, e allora solamente pare che egli più piaccia a sè stesso, quando ei crede d'esser giunto ad un segno di piacere a tutti? Dunque gli stessi pittori di buona voglia ammettono il contrario del proposto sentimento. Rispondo che nè meno questo argomento prova nulla, perchè fra quei molti, ai quali si studia di piacere il pittore, sono i dotti nell'arte, i quali dobbiamo credere ch'egli si proponga per ultimo oggetto di sua virtuosa ambizione; e questi son poi coloro che tiran dopo di sè la minuta gente, delli applausi della quale anche gusta l'ottimo artefice, per quanto può procedere dal loro intendimento, benchè ei sappia che essi non arrivino a penetrare la profondità del saper suo.
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