In origine erano della famiglia Melzi, una delle più considerabili di Milano. Francesco Melzi le aveva avute da Lionardo medesimo di cui egli era discepolo. Egli amava la pittura, e l'esercitava con applauso. Si può giudicare da uno de' suoi quadri ch'è a Parigi in casa del duca di s. Simone. Egli rappresenta la dea Flora, ch'è talmente sulla maniera di Lionardo, che sarebbe facile il prenderlo per suo se il Melzi non avesse presa la precauzione di scrivervi il suo nome. Tuttavia Trichet du Fresne ne ha fatto menzione come di Lionardo nella Vita di questo. Onde non so come nell'Alfabeto Pittorico il Melzi sia mentovato come semplice miniatore. Dopo la morte del Melzi questi preziosi mss. rimasero sepolti nell'oblio. Il gusto delle belle arti, che di rado si perpetua nelle famiglie, s'era del tutto estinto in quella dei Melzi. Questo tesoro v'era anche così mal custodito, che un certo Lelio Gavardi d'Asola, parente stretto d'Aldo Manuzio, ch'era maestro in quella casa, ebbe tutto l'agio di prendersegli. S'impadronì di 13 volumi, parte in foglio, e parte in 4, e gli portò a Firenze con isperanza di venderli cari al granduca Francesco de' Medici. La morte inaspettata di questo principe mandò all'aria il disegno di Lelio, e lo fece tornare in sè, e pregò Gio. Ambrogio Mazzenta, gentiluomo milanese, che ei trovò in Pisa, a voler riportare questi libri a Milano, e restituirgli a' Melzi. Ma comechè e' ne facean poco conto, di 13 volumi ne conservarono 7, e anco dopo che Pompeo Leoni, scultore del re di Spagna, ne fece loro conoscere il valore.
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