Insomma è l'ora degli eroi; e Genova ebbe il suo e con evento piú felice, poiché i funesti auspizii di quest'ora ricaddero tutti sul capo dei nemici.
IV
I padri, raccolti in senato a notte innoltrata, stavano consultando fra di loro a qual partito appigliarsi in tanto pericolo della repubblica. Il popolo, o pregava nelle chiese, o fremea alle porte e nell'ampie gradinate del palazzo, aspettando ansiosamente la decisione del Gran Consiglio. Giano Fregoso, creato doge da pochi giorni, coll'aiuto della fazione vincitrice, sedea in trono cupo e taciturno; né avresti facilmente indovinato se in quell'animo ambizioso prevalesse la paura del ritorno de' nemici o della fazione avversaria; se piú gli importasse la salvezza della repubblica o quella della sua casa; tanta era l'infame peste dei partiti, da cui gli animi anche i più generosi erano invasi, e per cui talvolta si preferiva al trionfo d'un rivale il giogo d'un forestiero.
Gli anziani, sedendo in cerchio ad ambo i lati del trono, anch'essi taciti e concentrati, pareano attoniti alla gravezza dell'accaduto, improvvidi alle minaccie dell'avvenire.
— Se v'ha alcuno, cominciò il Doge, cui soccorra un consiglio qualunque sia, lo proponga liberamente per amor della patria.
E fu silenzio nell'assemblea.
— Al dileguare di queste tenebre che ancora ci difendono, proseguiva il Fregoso, cadrà forse per sempre la libertà della patria; e forse il luogo stesso, dove ancor ci troviamo per consultare, sarà innondato dal sangue nostro. Il governatore francese tornerà certo in quest'aula, e voi sarete le prime vittime o del popolo furibondo che non sapeste proteggere, o del nemico forestiero che a tempo non opprimeste.
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