Tratto Paolo con altissime strida dal suo fondaco, fu proclamato Doge del popolo, e gli si assegnò una guardia di 500 fanti e di quanto facea di mestieri per impugnare il baston del comando. Da tal guerriero guidati i repubblicani, scombuiarono nella riviera occidentale le soldatesche di Gerolamo ed Emanuele Fieschi, e fu stretto d'assedio il Castelletto. La fortuna stette gran pezza indecisa: ma la valentia del Da-Novi trionfò d'ogni ostacolo: la fortezza è scalata, atterrati i baluardi: il sangue de' Francesi raddoppia il vermiglio della ligure croce. Da tanti successi montato in furore re Luigi, alla testa di un fioritissimo esercito composto di Francesi, Tedeschi, Svizzeri, Italiani e della nobiltà genovese, scendeva sull'infelice città come belva sopra la preda. Al passo de' Gioghi, fugati i seicento repubblicani che v'erano a guardia, calò senz'altro ostacolo nell'ubertosa Polcevera, e prendeva riposo nell'abbadia del Boschetto presso il borgo di Riparolo. Appena si diffuse la funesta novella, lo scoramento occupò il cuore de' cittadini. Solo il Doge e i Tribuni, in tanto abbattimento di animi, si alzarono a grandi speranze, e incitavano il popolo a non mancare a se stesso. Intanto cominciavano ad apprestare le difese; dividere l'armi, barrare le vie con ferri, botti e catene, presidiare le mura, accorrere in ogni luogo. Munì il Doge la rôcca del monte Peralto, detta il Castellaccio, che sopraggiudica la città e tutte quelle eminenze che le formano cerchio, alzò una grande bastita sul colle di Promontorio, e stette ad aspettare il nemico.
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