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      — "Non ho presentimenti che quelli dell'amor mio; piú potente di tutti gli augurii, di tutte le voci della natura, è quella imperiosa del mio cuore che grida d'amarti e d'essere teco felice... piú degli influssi di tutte le stelle è potente questa mia volontà; questo macigno che ci divide, dovrà spezzarsi contro il cozzo della mia fronte, o la mia fronte contro il macigno; ma noi, o qui o altrove saremo insieme...
      In questo mentre gli parve udir tra le frondi il calpestio d'un uomo che cerca di rinselvarsi; non si inganna, trae la spada e si caccia risoluto dietro i vestigii di quell'ignoto. La povera Adelassia travide anch'essa una specie di fantasma involarsi dietro il fogliame degli alberi; stringendo convulsamente le sbarre della finestra, sta in ascolto, reprime fino il respiro, e quasi i palpiti del proprio cuore; tutte le potenze della sua anima si raccolgono, per cosí dire, nell'udito. Il terreno è battuto violentemente; due spade si incrocicchiano scintillando e percosse ripercuotono. Oh come que' fendenti le cadono sopra il cuore! oh se almeno la sua pupilla potesse vincere l'oscurità della notte!
      Ma uno d'essi è caduto; tutto ripiomba nel silenzio; solo l'upupa malaugurata ripete il suo lamento.
      In quell'orribile incertezza, Adelassia sentì mancarsi; piegò le ginocchia, attenendosi, come meglio poteva, alle sbarre dell'inferriata; la sua fronte è cosparsa di un sudore pari a quello dell'agonia; una lacrima amarissima le si agghiaccia sulla pupilla.
      Ma una voce, che potea sola richiamarla in vita, — Adelassia, ripetè, Adelassia, son io che ti chiamo; son io, Allerame.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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