Tutto era silenzio, il silenzio religioso delle rovine, interrotto leggermente dalla brezza vespertina e dal sussurro d'una fontana che zampillava da una grotta vestita d'edera e ombreggiata dalla vôlta fronzuta degli alberi. Traendosi per mano passo passo il cavallo, si avvicinavano lentamente, ammirando il luogo, e pieni il cuore d'una dolce mestizia che spirava da quel silenzio, da quei recessi boscherecci, da quella pace universale, quando una voce melodiosa, un canto sacro uscì di mezzo a quelle rovine e indicò loro l'abitazione d'un pio romito.
Ed essi si avvicinarono.
Il solitario, la cui voce si innalzava cosí armoniosa dagli avanzi di quella chiesa, venne ad accogliere i due pellegrini; offrì loro, qualunque fossero, il povero suo abituro, poco cibo che tenea in serbo, e quindi li introdusse in una cappelletta, illuminata dal fioco lume d'una lampada, per ivi compiere le sue preghiere della sera. Allerame non potea saziarsi di contemplar le sembianze di quell'uomo, che gli svegliavano nella memoria un'altra imagine, ma in aspetto ed abito ben diverso. Quella fronte cosí pallida, cosí composta, solcata di profonde rughe, che il tempo solo non è capace d'imprimere, lampeggiava tratto tratto d'una fierezza militare, che gli anni, le vigilie, i patimenti non cancellarono; avresti detto che la era usata piú all'elmetto del soldato che al cappuccio del monaco. Tanto è vero che il leone, sia pur vinto, schiomato dagli anni, invilito dalla prigionia, non si spoglia mai interamente del superbo suo carattere, né perde il fuoco interno delle pupille che gli è naturale.
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