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      Allerame, lo splendido cavaliero ne' tornei, ne' conviti, non è meglio d'un legnaiuolo che vive coll'opera delle sue mani, compagno del contadino e dell'umile vecchiarella che Dio accoglie egualmente nel suo tempio. La buona Adelassia indossava anch'essa nei giorni di festa il miglior abito che tenesse in serbo, raccoglieva i fiori piú odorosi, e se talvolta ricordava le purpuree vesti, le gemme preziose di cui s'era spogliata, non era che per rallegrarsi delle sue spoglie di contadina. — Questa chiesuola, diceva ella sommessamente al suo compagno, non è la superba cattedrale di Vienna; ma ritrae meglio il soave carattere del cristianesimo, e qui si prega con piú fervore. Questi buoni contadini sono nostri fratelli, e noi pure siamo poveri. O mio Allerame, quante virtù ho conosciuto tra di loro, simili a que' fiori balsamici che olezzano solamente nel secreto dei boschi!
      E venne un giorno in cui l'umile abituro degli sposi s'ornò a festa. Non si spacciarono corrieri per tutte le parti dell'impero, non trassero ambasciatori per festeggiare il nuovo nato; ma accorsero pochi amici e il buon curato; e la gioia fu solennne, augusta, serena, santificata dalla religione. Adelassia sorrise, lacrimando sul pargoletto, e volgendosi ad Allerame che parea assorto in una triste riflessione:
      — "Allerame, gli diceva ella con uno sguardo di bontà sublime, è vero, che il nostro bambino non è ravvolto in fasce di porpora; non sarà che il figliuolo d'un povero contadino... Eppure, soggiungeva, chiedendo di spargergli in fronte ella stessa le sante acque, — posso aprirgli il regno de' cieli, se quello della terra non è piú il nostro; oh è pur esso un angioletto, l'erede del re dei re!


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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