Udendo che l'esercito germanico scendea in Italia, non seppe reggere al desiderio di seguire le antiche sue bandiere; e il giovinetto, che Igildo soccorreva in modo cosí prodigioso, era Arrigo, il primogenito d'Adelassia, che in quella giornata, nella sua prima battaglia, avea fatto maravigliare col suo coraggio i soldati i piú audaci e provetti. Figuratevi ora quel vecchio capitano, entusiasta pur sempre sotto i panni di monaco, della gloria militare, che salva il primogenito della figliuola del suo imperatore e di Allerame, che egli armò cavaliero, e che amò sempre colla tenerezza d'un padre.
Dopo alcune domande e risposte, concitate, concludenti, per cui non ebbe piú dubbio sull'essere del giovanetto, Igildo gli chiese nuove de' suoi genitori, del modo del loro vivere, del luogo in cui si erano ritirati; e fermò in animo di presentarsi all'imperatore, chieder grazia per i due fuggitivi, a titolo degli antichi suoi servizii, e di quelli dell'eroico giovanetto, che avea contribuito gagliardamente alla vittoria della giornata.
Di lì a pochi giorni, non sí tosto Arrigo potè reggersi e camminare, il vecchio Igildo, s'avviava seco lui alla tenda dell'imperatore, e fatto ristare il suo compagno distante alcuni passi, si avanzò solo, e chiese alla guardia d'essere ammesso.
Il monaco fu introdotto, e rimase faccia a faccia coll'imperatore, il quale, deposto l'elmo, sorreggevasi la fronte chiuso ne' suoi pensieri, in uno di que' momenti, in cui, cessato il fragore delle armi, spenta l'ebbrezza della vittoria, e allontanati i cortigiani, sentìa anch'egli d'esser uomo, povero ed infelice nella sua clamide d'imperatore.
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