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      — Facea un lume di luna incantevole sulla collina che si atterga alla città d'Algeri e sulle spiaggie, talché spiccavansi distintamente nell'orizzonte le cupole, i minareti della moschea e le torri delle fortezze. Jacopo, nella sua rozza intelligenza, stupia seco stesso che sorridessero cosí lucenti le stelle su quelle lacrimevoli e infami sedi di tiranni e di schiavi; e mentre errava alla ventura, a poca distanza dalla città, vide una gran torre, ma senza fanale, bruna, solitaria, fantastica, quasi fosse abitata da demoni, e sui cui luridi fianchi strisciando il raggio della luna parea illividirsi. Si accostò e scoperse — orrendo a dirsi! — che invece di cemento e sassi, la si componeva di teschi umani, accatastati a piramide — spettacolo osceno e spaventevole, cui solo starebbe a pari la caverna ossuaria della Svizzera, formata cogli ossami de' soldati di Carlo il Temerario. — Venticinquemila teste di soldati spagnuoli, già signori del paese e colti all'impensata dai Turchi, componeano questo infame trofeo della vendetta barbaresca(11). L'incolpabile marinaio che tante volte avea sfidata la morte, ora azzuffandosi coi corsari, ora lottando contro le acque e gli uragani, inorridì alla vista di quel lugubre monumento; volse altrove lo sguardo, e pregò sommessamente per le anime di que' sventurati che, certo, furono come lui cristiani, e alle cui teste dovrà forse andare compagna la sua.
      Si ritrasse aspettando il giorno, piú accosto al mare, e si sdraiò sull'arena, all'ombra di bastioni enormi che aveano in acqua le fondamenta, e le cui torri delineavansi nere, gigantesche, minacciose sulla tranquilla superficie del mare.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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