Godevano nel secreto dell'anima di trovarsi insieme, sebbene il loro labbro non avesse pronunciata mai parola che rivelasse quell'ebbrezza tutta arcana, tutta pura. Ma il cuore per ispiegarsi, abbisogna forse del meschino alfabeto inventato dagli uomini? Le cifre del suo linguaggio non sono pochi segni freddi, circoscritti; ma sì i mille colori, le infinite armonie della natura, la divina luce della pupilla e il silenzio stesso.
Passeggiavano i due giovanetti, e la creazione parea rallegrarsi, vestirsi a festa nel vederli cosí leggiadri, cosí affettuosi, cosí confidenti; la giovinezza è veramente la regina dell'universo, e perfin gli esseri inanimati ne sentono anch'essi la benigna influenza. Ma l'ora cosí dolce della sera è pur quella delle esalazioni pestifere, l'ora in cui gli animali piú sozzi e malaugurati escono dai loro covili per menar festa nel regno delle tenebre. Mentre Edoardo ed Eloisa si abbandonavano a colloquii sospirati, un occhio sanguinoso, fulmineo ne espia i passi, ogni movimento, e vorrebbe indagarne perfin le parole.
— Eloisa, le dicea il giovane col sublime entusiasmo dell'età sua, oh come le bellezze della natura soprastanno a quelle dell'arte! Quale è la vôlta piú magnifica, piú risplendente di palazzo o teatro, che ritragga, anche in menoma parte, la luce eterna dei firmamenti!
— E quelle miriadi di stelle, rispondeva la Contessina guardando il cielo, ubbidiscono tutte ad una legge d'amore che le guida, armonizzando, per i regni dell'infinito! — Oh come, riprendea quindi con un mesto raccoglimento, i diletti piú ambiti, piú decantati della società, sono vile e meschina cosa a petto di quelli che prova l'anima.
| |
Edoardo Eloisa Contessina
|