.. che il cuore esige!...
— Oh guardate queste rose che sbucciarono adesso adesso sotto la frescura della rugiada! non sono veramente belle e fragranti che sullo stelo; trasportate nelle sale dei potenti, avvizziscono in poco d'ora, perché prive dei loro zeffiri, del sereno del loro cielo.
— E que' fiori cosí modesti, ripigliava la Contessina avvicinandosi ad un cespuglietto, que' fiori che olezzano solamente nel silenzo della notte; quel fioretto malinconico è simbolo del pensiero — e spiccatolo dallo stelo, lo porgeva al giovanetto.
Uno sguardo formidabile, come abbiam detto, espiava ogni atto, ogni passo di Eloisa e di Edoardo; e un uomo nero, deforme, quasi fosse il genio della creazione, appiattato tra le boscaglie oltre la cinta del giardino, coll'unghie confitte nel terreno, colle labbra livide e sanguinose per eccesso di rabbia, facea strano contrasto con que' due giovanetti che passeggiavano cosí dolcemente sui tappeti di verzura, tra il profumo delle aiuole, sotto un arco di cielo che sorrideva.
Quest'uomo formidabile era il Notaio.
Gli osserva. — Un ultimo raggio del tramonto brillò tra i capelli inanellati del giovinetto, e rifulse amorosamente nella sua pupilla, mentre Eloisa gli porgeva con tanta grazia il fioretto del pensiero. Il Notaio aizzato da invidia infernale guardò le bionde anella d'Edoardo, e sentì arricciarsi sopra la fronte gelida, innondata di sudore, i grigi suoi capelli, irti, maligni come serpenti. Un interno struggimento, una lava di fuoco gli divorava le viscere; l'avresti rassomigliato allo Spirito delle tenebre, riluttante sotto il piede dell'Arcangelo luminoso.
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