E tentava d'avvicinarsi, ora strisciando a guisa di rettile ed ora slanciandosi a modo di pantera; si appiattò nuovamente, aguzzò le ciglia rabbioso per le tenebre crescenti che gli facean velo; e il bianco de' suoi occhi spalancati, fissi terribilmente, si macchiava di spruzzi sanguinosi, riflesso de' suoi pensieri.
— Maledizione! le ha stretto la mano... parlano piú sommessi... si inoltrano in quel viale; scompaiono sotto l'ombra di quel corbezzolo. Oh rabbia! piú non li veggo!
Quell'anima scellerata dovea provare tutti gli spasimi della gelosia, dell'invidia. Un tremito convulsivo agitò le sue membra, contrasse i nervi di quelle mani che forse, se avesse potuto, si sarebbero stese a dilaniar la sua vittima; privo di forze, paralizzato dalla sua atroce disperazione, cadde a terra, dibattendosi con se medesimo e digrignando i denti.
— Sono soli! mormorava tra se stesso con una voce che nulla avea d'umano; sono soli! — E qui avrebbe voluto, nell'infernale suo delirio, che la creazione si sfasciasse per inghiottirli, per separare que' due esseri che l'ardente sua fantasia gli dipingeva nei piú soavi atteggiamenti.
Dopo alcuni momenti di quest'agonia indescrivibile, il Notaio si riebbe, e vinta dalla gelosia l'usata sua prudenza, corse difilato sotto il corbezzolo, dove supponeva che Eloisa ed Edoardo si rattenessero tuttora nell'amoroso loro colloquio. La Contessa siedea sola, tutta assorta in una dolce meditazione, contemplando alcuni fiori che forse Edoardo le avea presentati, quando la fisonomia del Notaio, pallida, travolta, quasi mostruosa, le apparve innanzi improvvisamente.
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