Oh il bel costume! peccato non vi siano piú gli Spagnuoli, vero tipo della galanteria!...
E qui il buon Conte piangea di cuore la ritirata di quei bravi Spagnuoli, vero tipo della galanteria, che lasciarono memorie cosí soavi a Milano e a Roma...
— E quell'altro? chiese il giovane, per trarsi presto d'impaccio; ed accennava una faccia tonda e rubiconda, sulla cui fronte campeggiava una beatissima ignoranza.
— Quello è un poeta; scrisse un sonetto molto lungo e celebratissimo sulla nascita del primogenito di Filippo II, ed un altro sul faustissimo avvenimento del duca d'Alba al governo della Fiandra.
— Nobilissimi argomenti e degni del cantore! disse tra sé Edoardo.
Mentre il Conte si avvicinava ad un altro ritratto e stava per incominciarne la storia, tutto caldo d'un'enfasi generosa, sopraggiunse Eloisa pallida e quasi contraffatta; e, cogliendo un momento favorevole, ebbe tempo di dire sommessamente ad Edoardo:
— Per carità, non uscite, se prima non vi parlo.
Immaginatevi la curiosità, l'impazienza del giovanetto, i suoi mille presentimenti a quelle brevi parole, e quello strano mutamento nelle sembianze della Contessa, mentre il marito di lei si inebriava tranquillamente nella gloria de' suoi antenati.
— Questo è Biagio... proseguia il Conte, avvicinando ad un gran quadro la fiamma del candeliere.
— Biagio Assereto, l'interruppe il giovane per mascherare il proprio turbamento e veder modo che il Conte non si accorgesse del pallore della consorte; ma questa volta colpì in fallo.
— Che diavolo dite mai, Biagio Assereto? gridò il Conte incapponito; quel notaio che ebbe l'insolenza di menar prigioni due sovrani con tutta la loro corte di duca e principi?
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