— Domani è giorno dei morti; tutti pregano per i loro defunti... Oh voglio pregare anch'io per mia madre... non voglio bagnar le mani in altro sangue; sai tu indicarmi un'acqua dove possa finalmente lavarmele?...
E sorse in piedi, e cacciò in volto al Notaio uno sguardo di basilisco.
Ma quegli non si scompose, benché sentisse internamente l'importanza di quel momento e la convenienza di mutarne il carattere.
— Eh, Cencio mio, rispondeva con un sogghigno, saresti quasi per dire che in questa casa hai perduta la stola dell'innocenza... quella che hai riportata dal bagno!...
— Taci! non rinfacciarmi la mia catena di schiavo!... Lá, in quel bagno... conobbi uomini che infingevano allegrezza... che ridevano... che burlavano i compagni pensierosi... e poi li udia piangere nella notte; ma la tua faccia è sempre livida, sempre impassibile. Quando ti veggo in chiesa con quell'aria di santone, parmi che la vôlta dell'edifizio dovrebbe sprofondarsi.
— Per un tuo pari, Cencio mio, questo sermone non ci è male. — Quindi, ponendosi la destra al cuore come uomo che meglio si riconsiglia, dopo alcuni momenti soggiungea sospirando:
— Pur troppo dici il vero! E che piú giova dissimularlo? un interno rimordimento, una voce che è forza udire, mi comanda di confidarmi alla pietà di Dio!
A quest'atto drammatico di subito pentimento, Cencio benissimo argomentando che il Notaio tentava di addormentarlo sull'iniquo suo disegno, si fece un passo innanzi, e squadrandolo in faccia con occhio di meraviglia:
— Davvero! quando parlate da galantuomo, mi fate paura!
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Notaio Cencio Cencio Dio Cencio Notaio
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