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      Ci conosciamo, amico mio: buona sera. — E volte le spalle, si ritirava. Quando Cencio si fu chiuso nella sua cameretta, il Notaio, attonito, umiliato, ma terribile piú che mai nella sua umiliazione, nel sospetto che un suo complice potesse farsi accusatore, o lo inceppasse ne' proprii disegni, lo accompagnò con uno sguardo d'odio e di disprezzo.
      — Penseremo anche a te, imbecille — mormorò sommessamente fra i denti, rimanendo sempre ritto in mezzo alla camera. — Coll'aiuto di Dio e delle mie mani saprò antivenirti. —
     
      VIII
     
      Quella notte, come poc'anzi accennammo, fu piena di terrori; avresti detto che il genio del male sconvolgesse gli elementi, che la natura inorridisse e si rabbuiasse per qualche atroce misfatto; che mille strane voci tra il sibilio dei venti e il mugghiar rotto dei flutti, vaticinassero sventure. E chi sa che la natura non senta orrore delle opere nostre, o non ci avverta d'un pericolo che si avvicina? Il giudizio degli uomini sta sospeso sugli eventi di quella notte; ma certo, una voce di moribondo, simile al gemito d'Abele sacrificato, salì alle stelle, e l'angiolo della giustizia calò sul capo dell'omicida; lo seguì tacitamente, continuamente nelle buie sue vie, finché, giunta l'ora decretata, caduto dall'oriuolo del tempo il granello di sabbia che la indicava, il terribile angiolo percosse la sua vittima.
      Edoardo, impaziente di vedere ancora una volta, prima di partire, l'abitazione d'Eloisa, o per qualche altro suo disegno che non ci è dato di conoscere, uscì di casa, e, malgrado l'oscurità e la tempesta, prese la via del castello; un'ombra nera, inosservata, simile alla Parca degli antichi, lo seguitava.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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