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      — Siete un vile! signor Conte. — Non vi credeva che un uomo debole, ma onesto; veggo adesso che siete un miserabile!
      E pronunciate lentamente queste parole, spiccando bene ogni sillaba, Eloisa, priva di forze, si abbandonò sopra la seggiola.
      — Moglie adultera! gridò il Conte, serrando il pugno in atto di minacciarla; il vile tuo complice è già sotterra, e tu stessa l'uccidesti.
      — Egli sta dinanzi a Dio!... non mio complice, ma forse tua vittima!! — rispose Eloisa solennemente, e sorse in piedi fissando gli occhi in quelli del marito, con uno sguardo vitreo, sguardo di fantasma, e scuotendo in alto la mano irrigidita:
      — Quel sangue ricader possa come fuoco inestinguibile sul capo dell'omicida! Gli fiammeggi dinanzi agli occhi nel momento dell'agonia! — Tacete, Conte; preseguia quindi con voce soffocata e sempre con quello sguardo formidabile; tacete! tremate d'alzare il velo ad un mistero di inferno!... Il medico è morto... colà in quel lago... ma quel cadavere alzerà il capo in un giudizio piú che umano... Oh! se mio marito fosse intinto in un omicidio... vorrei ardere sopra l'altare questa mano che in un giorno tremendo e santo io gli porgeva!
      La sua voce, le sue mani, tutta la sua persona tremavano; ed il Conte, benché innocente di quella morte, sentì scorrersi un brivido fin nei capelli. L'aspetto della donna, cosí soave, cosí angelico per natura, assume talvolta una maestà solenne e quasi terribile che la eleva sopra se stessa. Eloisa, estenuata dalla lotta interna cogli affetti proprii che tacitamente avea sostenuta all'annunzio del fero caso, e quindi da scena cosí violenta col marito, ricadde sopra la seggiola e riprese l'indole sua affettuosa e malinconica.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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